ABRASIVI:
Pur
non essendo dei veri e propri utensili, tutti noi tornitori ci troviamo
ad utilizzare degli abrasivi per la preparazione alla finitura degli
oggetti che torniamo, pertanto vale la pena di spendere qualche parola
su un accessorio indispensabile.
Innanzitutto,
va ricordato che attualmente esiste in commercio una tale vastità di
abrasivi da confondere chiunque. Al di là delle singole caratteristiche
di ogni produttore e linea di prodotto, cercheremo di porre
l’attenzione sulle caratteristiche che deve avere un abrasivo per
ottenere degli ottimi risultati in tornitura.
1) Il
tipo di supporto
Essenzialmente,
un abrasivo è composta da una polvere dura (l’abrasivo vero e proprio,
la cui granulometria o dimensione delle particelle determina
l’aggressività e dunque la grana dell’abrasivo) fissato su di un
supporto tramite un legante. Mentre per la lavorazione generica del
legno il supporto è quasi ininfluente (a meno di non essere utilizzato
con levigatrici), in tornitura tale supporto deve essere abbastanza
resistente da sopportare il prolungato contatto col legno in movimento
senza deteriorarsi, ma nel contempo deve essere abbastanza flessibile
da adattarsi perfettamente alle forme del pezzo.
Solitamente,
un buon risultato lo si ottiene con la tela
abrasiva, mentre un compromesso
è rappresentato da carta abrasiva economica e di facile reperibilità ma
si rompe facilmente . Tuttavia, spesso non è facile reperire un grande
assortimento
di grane, specialmente oltre la 400; dunque è anche necessario fare i
conti con la reperibilità dello stesso.
Come
linea generale, almeno nelle fasi iniziali della carteggiatura, è bene
utilizzare un supporto flessibile ma robusto, mentre con le grane più
fini si possono usare anche dei supporti più leggeri, sempre senza
compromettere la sicurezza o la qualità della lavorazione.
2) Materiali
Altro
fattore importante da considerare è il materiale di cui è composto
l’abrasivo. Ne esistono di diversi tipi: a ossido d’alluminio (
specifico per metalli e costoso),
carborundum e vari altri ancora. Comunque, le caratteristiche
essenziali di un abrasivo sono due: l’omogeneità della grana e la
facilità con cui si sfaldano le particelle ormai usurate.
La
prima caratteristica è essenziale per garantire una buona qualità della
superficie senza che vi siano graffi profondi o striature marcate. La
seconda garantisce una lavorazione costante ed omogenea del legno,
mantenendo sempre pulito ed efficiente l’abrasivo.
Anche
per gli abrasivi, vale la famosa massima “chi più spende, meno spande”,
tuttavia, data la grande quantità di materiale utilizzato (specie nelle
grane più fini) spesso i costi non sono giustificati da un reale e
proporzionato aumento della qualità. Pertanto, oltre all’esperienza
personale, si consiglia di evitare gli abrasivi di costo molto basso a
causa di una possibile bassa qualità dei componenti.
3)
Granulometria
Tutti
gli abrasivi, al di là delle differenze fisiche, sono suddivisi in
“grane”, ossia viene data una classificazione in base alla
granulometria delle particelle abrasive. Come standard, la grana viene
evidenziata con un numero crescente man mano che le particelle
diminuiscono. In pratica, una grana “80” lascerà una superficie più
grezza di una grana “320”. Personalmente, eseguo una distinzione tra le
grane inferiori e superiori alla 400. Questo perché gli abrasivi con
grana superiore alla 400 asportano talmente poco materiale da poterli
considerare grane “di finitura”, necessarie alla lucidatura della
superficie. Quando si passa ad utilizzare queste grane, la superficie
deve essere già priva di graffi e con la forma desiderata.
Ma
quale è il limite inferiore e superiore delle grane da utilizzare? A
questa domanda può rispondere solo il pezzo da carteggiare. Infatti, se
la superfici è già abbastanza buona e non presenta grosse sfaccettature
o segni d’utensile, è possibile iniziare anche con 120, 180 o
superiori. Mentre, nel caso in cui si debbano fare lievi aggiustamenti
di forma o ci siano segni d’utensile da eliminare, è consigliabile
partire con grane più basse.
Il
limite superiore, invece, dipende in larga misura dal tipo di legno e
dall’uso dell’oggetto: un oggetto sottoposto ad urti ed usura non
necessiterà di carteggiatura elevata; allo stesso modo, un legno molto
tenero (abete, pino, cedro ecc.) comunque non darà miglioramenti
apprezzabili oltre una certa grana. Per contro, un legno molto duro
(ebano, corniolo ecc.) oppure molto figurato, necessiterà di una
carteggiatura molto attenta e con grane elevate per mostrare tutto il
suo splendore.
4)
Tamponi
Per
velocizzare le operazioni di carteggiatura, soprattutto nel caso di
lavori a sbalzo (ciotole, piatti, ecc), si può utilizzare un comune
trapano con degli appositi tamponi velcrati. Tali tamponi non sono
altro che degli spessi dischi di materiale morbido ad una cui estremità
è fissato del velcro, mentre dall’altra c’è un alberino. L’alberino
viene fissato sul mandrino del trapano, mentre l’abrasivo velcrato è
fissato alla testa del tampone. Solitamente, oltre a velocizzare le
operazioni, questi tamponi offrono una superficie finale più uniforme
rispetto ad una normale tela vetrata; ciò è dovuto all’azione
simultanea della rotazione del pezzo e del tampone stesso, riducendo di
molto la presenza di segni concentrici dovuti all’utilizzo di un
abrasivo tradizionale.
Ne
esiste anche una versione manuale, in
cui il tampone è messo in rotazione dal legno stesso, ma personalmente
li sconsiglierei in quanto carteggiando verso il centro del pezzo, la
velocità di
rotazione del tampone è tendente a zero, questo perché la velocità di
rotazione ( numero di giri, ovvero la velocità angolare) è costante ma
la velocità periferica è data dalla velocità angolare per il raggio,
perciò più si riduce il raggio più si riduce le velocità periferica
fino a zero al centro.
Come
si utilizzano gli abrasivi.
Nonostante
l’operazione di carteggia tura possa sembrare semplice (e lo è) è
comunque necessario prestare attenzione ad alcuni dettagli che, se
trascurati, possono rovinare irreparabilmente in pochi istanti un pezzo
che ci è costato delle ore.
In
primis è bene capire che durante la carteggiatura si produce una
notevole quantità di calore che, in parte viene dissipato dal supporto
dell’abrasivo, ma in parte viene assorbito e dissipato dal legno stesso.
In
linea teorica la velocità periferica deve essere compresa tra i 40 e i
75 m/s, questo dato è da calcolare sul diametro del pezzo, più
semplicemente diciamo di girare attorno ai 1400 giri/min se il pezzo è
di diametro fino a 120 mm, meno se il pezzo è di dimensioni maggiori.
Alcuni
legno, se scaldati troppo, sono soggetti a fessurarsi od a bruciare le
fibre superficiali, rovinando il pezzo. Inoltre, specie con le grane
più grosse ed aggressive, è facile che si formino dei veri e propri
solchi difficilmente rimovibili con il solo abrasivo.
Per
evitare questi problemi è bene ridurre la velocità del tornio e del
tampone (se utilizzato con un trapano). Infatti, a parità di altri
fattori, una elevata velocità di rotazione produrrà un attrito maggiore
e, di conseguenza, una maggiore quantità di calore. Per tenere sotto
controllo la temperatura, se non si usa un trapano, è bene non
ripiegare troppo l’abrasivo su sé stesso: se è troppo caldo per le
nostre dita, lo è sicuramente anche per il legno.
Un
altro fattore da considerare è la pressione esercitata: è sufficiente
premere solo per assicurare il contatto continuo legno-abrasivo; quello
che va oltre, produrrà molto calore, senza velocizzare le operazioni.
Anzi, uno degli esiti della pressione eccessiva è di congestionare
presto l’abrasivo, ovvero "vetrificare la polvere di legno
sull'abrasivo, rendendolo inservibile e rallentando la
carteggiatura.
Per
quanto riguarda i solchi, invece, l’unico modo per evitarli è quello di
mantenere in costante movimento l’abrasivo sul pezzo, in modo da
ottenere una superficie il più uniforme possibile.
Come
avviene in una pialla, anche con il raschio o altra sgorbia per il
tornio, la superficie del lego apparirà a "poro chiuso" ovvero i
canalini dl legno verranno schiacciati e non permetteranno
l'assorbimento della tinta o della finitura.
In
definitiva, il concetto d’uso degli abrasivi è quello di preparare la
superficie a ricevere la finitura scelta. Le prime grane possono
servire anche per fare lievi aggiustamenti di forma o per togliere
imperfezioni di lavorazione, ma da lì in poi, una grana di abrasivo
deve essere usata solo per rimuovere i segni lasciati dalla grana
precedente. E’ necessario, dunque, evitare pressioni eccessive e
lasciare piuttosto che sia l’abrasivo a fare il lavoro.
Per
accertarsi che i graffi siano stati completamente eliminati, è
consigliabile utilizzare una luce piuttosto forte proiettata quasi
tangenzialmente al pezzo, in modo da poter controllare ogni minima
imperfezione della superficie.
Nozioni
sulla Sicurezza
L’uso
di abrasivi ci espone a due generi di rischi, uno meccanico legato
all'utilizzo vero e proprio, mentre il secondo è più "sottile" la
polvere per l'appunto ma non meno pericoloso.
- Rischio
meccanico o legato strettamente all'uso con le mani di un
pezzetto di abrasivo, NON
avvolgete il nastro abrasivo sul pezzo tenendolo con una sola mano,
facilmente il nastro grippa nel legno e vi trascina la mano sotto al
pezzo in rotazione e potrebbe essere molto pericoloso, meglio incollare
il nastro su un pezzetto di legno da usarsi come una lima o, al
limite, usare le
striscetta di nastro con due mani e non stringere il nastro saldamente
tra le dita, al limite
ci scappa dalle mani. Se
volete levigare un foro non infilateci il dito con un po di abrasivo,
usate un legno di supporto, attaccate l'abrasivo con un po di
biadesivo, se il dito si incastra nel legno in rotazione . . . addio
dito.
- Rischio
da polveri:
la levigatura del legno genera SEMPRE delle polveri, la cui dimensione
diminuisce
all’avanzare delle grane utilizzate e, di conseguenza, diventano via
via più pericolose. Da alcuni anni si è potuto rilevare che la polvere
del legno di latifoglia sia cancerosa per le prime vie aeree,
aggiungiamo il fatto che molti legno sono tossici
od irritanti come il Maggiociondolo o altri legni africani, e diventa
un obbligo morale proteggersi con gli
adeguati dispositivi (DPI), mascherine adatte alle polveri sottili o
meglio aspiratori dotati di cartucce per le polveri sottili, alcuni
amici hanno aggiunto anche un piccolo depuratore di ambiente che filtra
l'aria nel laboratorio.E' vero che
non
tutta la polvere del legno non è
cancerosa come le conifere Pino o Abete, ma sicuramente è
comunque responsabile dell'essiccazione delle mucose delle vie
respiratorie espone
il fisico ad un aumento del rischio per altri fattori quali ad esempio
il fumo o alcune sostanze volatili come i solventi contenuti nelle cere
o liquidi usati in finitura. Dotarsi di un
aspiratore è una cosa buona, prevedere che
l'aspiratore non sia solo a sacco, ma abbia anche il filtro per le
micro polveri è una cosa intelligente. Aggiungere anche un depuratore
d'ambiente a volte è superfluo, ma le precauzioni per la salute non
sono mai troppe.